Le falene (un racconto by @kork75)

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Milano aveva tante altre facce da mostrare lontano dal Duomo, dalla Scala, dal Castello, dal Cenacolo, dalle vie del centro o dalle fabbriche; la città aveva quartieri come il Giambellino, la casba di via Conca del Naviglio o il Ticinese: un lato oscuro e misterioso da tenere nascosto, un suburbano fatto di cunicoli, scale, botole, cantine e autorimesse dove, su quattro assi di legno messi insieme alla bene e meglio, orchestre improvvisate dal sapore swing proponevano i loro ritmi incalzanti. Cocaina, gin rosa, Campari e falene dalle ali bruciate. Le ragazze più audaci camminavano ancheggiando a due, a tre, a cinque per volta, spavalde e più o meno pentite, belle e spensierate nei loro abiti da sera presi in prestito da madri e sorelle maggiori. Giovani traviate dal miraggio di facili fortune. Fortune da dopoguerra. Sì, certo, la fame bussava ancora alle loro porte e le paure e le angosce riaffioravano spezzando i loro cuori, perchè troppi erano i dolori da dimenticare e le persone da ricordare. Troppi ancora erano i pianti notturni nascosti dietro le porte dei grigi palazzi, tra le mura di macerie di periferia o nelle baracche di quartiere. Una angoscia che nel fine settimana si tramutava in voglia di tornare a vivere. Quelle gonne svolazzanti e quelle gambe scoperte strappavano un sorriso anche sui volti, e negli sguardi, di quelli che avevano imbracciato i fucili partecipando ad allucinati colloqui con la morte. Era un disperato bisogno di tornare finalmente all’emancipazione primordiale, senza più il terrore, di esplodere in piena libertà in atti e in pensieri. I giovani più fragili si abbandonarono all'euforia e furono travolti dalle forze del male che, uscite dal buio di mille tentazioni, approfittarono di loro proponendogli effimeri piaceri riducendoli poi in miserabili relitti umani: sostanze, liquori, vanità e avidità. L’ignoranza e la miseria, tutto aveva giocato per solleticare i peggiori istinti quando a vincere furono i “nuovi” cattivi in cerca di lusso, soldi e potere. Papponi, rapinatori, sequestratori, biscazzieri, allibratori, ladri d'appartamenti, truffatori, spacciatori, strozzini, contrabbandieri e ricettatori: la “ligera” dal coltello sempre affilato.


Fantasia, Vicolo, Centro Storico, Notte, Scuro, Lampade

Immagine CC0 creative commons

Molti furono attratti da questo falso sfolgorio di tolleranza. Tutto, sembrava allora permesso, tutto pareva possibile, dalle bische nei nightclub allo “sballo” dei circoli privati. Milano era stata travolta e violentata dalla guerra e quella ferita era ancora aperta. La borsa nera, la prostituzione, il banditismo e gli speculatori imperavano e molti adolescenti si fecero presto uomini: il miraggio di una vita facile li avvinse. Per le giovani, fu una nuova “liberazione”, poter finalmente mangiare a sazietà, avere dei bei vestiti, fumare, indossare dei gioielli, anche, e del denaro, molto denaro, per non mancare più al cinematografo, né a teatro, né ai balli e soprattutto non essere più costrette ad andare a letto o a tapparsi in casa per il “coprifuoco” o per la minaccia dei bombardamenti. Chi poteva offrire a queste falene tanta “luce”? I fari della nuova cuccagna erano quei "ganassa" con le loro nuove Lancia fiammanti, spavaldi e sicuri di sé, che non avevano paura di niente e di nessuno e tanto meno di San Vittore: in quanto figli della “guerra”. Nessuna di queste falene, purtroppo, chiese a quei brillanti giovanotti che le portavano a ballare in automobile, riempiendo le loro borsette di biglietti, da dove venisse tutto quel denaro. Prendevano e basta… Quando lo intuirono era tardi. Nessuno poté più salvarle.




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