Deadend - Part 1

The pages still to be written in our lives are like the abysses of the sea. They exist, they are there, we know it but we can't see them or touch them, one day we will live them through other people's stories, through images on TV and only then we will discover what they are made of, how deep they are.

We are ourselves an abyss. Deep and lost beings in search of someone or something that can fill the enormous void within us.

We are an abyss within an abyss. Too old to die young. Too young to understand the world.

Qualunquism takes on new forms every time we try to rise up as psychoanalysts of other people's lives that resemble our own, a mirror of mistakes and fears that we cannot admit and face.

An abyss you can fill with water, algae, fish but it will never look like an aquarium. It will never be comfortable but always wild, a place where you can fight for your survival hoping one day to realize that life is not only pain but that even in an underwater world there is the hope to emerge and breathe deeply.

Water as a dimension, the abyss as an extreme limit.

A life on the waterline or a life constantly lived as a drowned person. A life on one's stomach enjoying the sun or a life constantly throwing oneself to the shore and refusing.

Below us the abyss. A limit that we will never want to cross but that once in our existence we will cross to reach our INexistence.

Within us the abyss. A crater to be filled with emotions and pain, with experiences and suffering until it is filled with one or the other defining who we are.

Above us the abyss. The fear of flying, of grasping a dream, of launching into a cliff that is above us to discover who we are.

The abyss beside us. Our uncertainties, our mourning, our dramas with which we live and which every day try to push us further and further down.

We fight strenuously our perpetual struggle with the abyssal compass rose looking for new emotions that lead us to discover that every abyss is born from something that was once full, was visible, was tangible.

Finding them is difficult, it doesn't always depend on us. Sometimes it hurts to relive them, sometimes it helps to move forward.

To create them from scratch would be pretentious. Don't look for them, too vain.

Free not to be free.

We are thinking beings who delude themselves that they count for something, that they delude themselves that they can be themselves.

What we are will never know, what we are will depend on those around us and what surrounds us. We won't decide that.

The only truly free choice we have is to embrace the abyss. Pull the plug. Determine our own end. Only then will we know that at that time, on that date, Mr. Abyss crossed that line and became free.

But what would be the point?

None.

Then we're off again.

We're going back to the abyss above my head. In search of new emotions.

Le pagine ancora da scrivere nella nostra vita sono come gli abissi marini. Esistono, sono li, lo sappiamo ma non riusciamo a vederli o a toccarli, un giorno li vivremo attraverso racconti altrui, attraverso immagini alla tv e solo allora scopriremo di che materia sono fatti, quanto sono profondi.

Siamo noi stessi un abisso. Esseri profondi e perduti in cerca di qualcuno o qualcosa che possa riempire l'enorme vuoto dentro di noi.

Siamo un abisso dentro un abisso. Troppo vecchi per morire giovani. Troppo giovani per capire il mondo.

Il qualunquismo assume nuove forme ogni volta che proviamo ad ergerci a psicanalisti di vite altrui che assomigliano alla nostra, specchio riflesso di errori e paure che non riusciamo ad ammettere e affrontare.

Un abisso puoi riempirlo d'acqua, di alghe, di pesci ma non assomiglierà mai ad un acquario. Non sarà mai confortevole ma sempre selvaggio, un luogo dove lottare per la propria sopravvivenza sperando un giorno di accorgersi che la vita non è solo dolore ma che anche in un mondo sommerso esiste la speranza di emergere e respirare a pieni polmoni.

L'acqua come dimensione, l'abisso come limite estremo.

Una vita in linea di galleggiamento o una vita costantemente vissuta da annegato. Una vita a pancia in su a godersi il sole o una vita a sbracciare continuamente per arrivare alla riva e rifiatare.

Sotto di noi l'abisso. Un limite che mai vorremo valicare ma che una volta nella nostra esistenza valicheremo per approdare alla nostra INesistenza.

Dentro di noi l'abisso. Un cratere da riempire con emozioni e dolore, con esperienze e sofferenze fino a che non sarà colmo dell'uno o dell'altro definendo chi siamo.

Sopra di noi l'abisso. La paura di volare, di afferrare un sogno, di lanciarsi in un dirupo che è sopra di noi per scoprire chi siamo.

L'abisso accanto a noi. Le nostre incertezze, i nostri lutti, i nostri drammi coi quali conviviamo e che ogni giorno provano a spingerci sempre più giù.

Combattiamo strenuamente la nostra lotta perpetua con la rosa dei venti abissale cercando emozioni nuove che ci portino a scoprire che ogni abisso nasce da qualcosa che un tempo era pieno, era visibile, era tangibile.

Trovarle è difficile, non dipende sempre da noi. Riviverle a volte fa male, altre volte aiuta ad andare avanti.

Crearle da zero sarebbe pretestuoso. Non cercarle, troppo vanitoso.

Liberi liberi di non essere liberi.

Siamo esseri pensanti che si illudono di contare qualcosa, che si illudono di poter essere se stessi.

Quello che siamo non lo sapremo mai, quello che saremo dipenderà da quelli che ci circondano e da quello che ci circonda. Non saremo noi a deciderlo.

L'unica scelta veramente libera che abbiamo è quella di abbracciare l'abisso. Staccare la spina. Determinare la nostra fine. Solo cosi sapremo che a quell'ora, in quella data, in quel modo Mr. Abyss ha oltrepassato quel limite rendendosi libero.

Ma che senso avrebbe?

Nessuno.

E allora si riparte.

Si riparte verso l'abisso sopra la mia testa. In cerca di emozioni nuove.