La pietra filosofale
La pietra filosofale non era che una sofisticata tecnica metallurgica impiegata in età ellenistica, che consentiva di far apparire d'oro purissimo una lega di metalli. Erano così fatti i celebri bronzi di Corinto ammirati da Plinio, ma è della stessa natura un altrettanto celebre medaglione forgiato nel diciassettesimo secolo da un artista di nome Wenzel Seiler , che convinse tutti d'aver realizzato la fantastica, irraggiungibile operazione alchemica. Ecco dunque svelato il segreto del mito, che ha tormentato nei secoli alchimisti, maghi, stregoni, e non solo nella ricerca di quell’arcana sostanza capace sia di tramutare in oro i metalli sia di garantire giovinezza e lunga vita come un magico elisir. Molti ci credettero alla leggenda dell’elisir e alcuni ciarlatani si spacciarono per scopritori della pietra filosofale; tra questi l’alchimista veneto seicentesco Federico Gualdi , l’avventuriero francese settecentesco noto come Conte di Saint-Germain , e Cagliostro , avventuriero palermitano che fu condannato per magia ed eresia e morì in una oscura e minuscola cella della fortezza di San Leo (1795).
La prova documentale viene da un papiro del terzo secolo a. C. ritrovato in Egitto, e ora a Leida, sede della più antica università olandese, che fornisce le istruzioni per purificare i metalli preziosi e colorare le superfici di quelli vili con resistentissime e sottilissime patine d'oro. Il manoscritto usa la parola greca “chrosis” che equivale al latino “tinctura”. Secondo gli studiosi il grande equivoco sarebbe sorto di qui: la “tintura”, da operazione metallurgica e artigianale, si sarebbe caricata di aspetti magici. Poi, dimenticata la tecnica, sarebbe rimasto solo il rituale esoterico. La pietra filosofale sempre favoleggiata e mai posseduta è dunque a portata di mano. Anzi, l'industria ne un uso larghissimo, fornendoci orologi e oggetti d'ogni genere placcati d'oro.