Opinioni - n. 12 - Ancora sulla sostenibilità del debito pubblico italiano. L'effetto dell'inflazione. - parte I

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Torno a parlare del debito pubblico italiano e della sua sostenibilità visto che l'argomento sembra aver trovato interesse e ne approfitto per rispondere a @tosolini che aveva scritto questo articolo per rispondermi, ma anche a @ilnegro, più compiutamente di quanto avessi già fatto nei commenti delle opinioni precedenti.

debt1500774_1280.pngFoto di Rilsonav da Pixabay

Entrambi sostengono, sicuramente in buona compagnia, visto che sta diventando il ritornello che ci si ripete come un mantra rassicurante, che per esser giudicato come sostenibile un debito pubblico sia sufficiente che lo Stato sia in grado di pagare solo l'interesse sul debito e non la quota capitale, cioè il debito stesso.

Purtroppo non è così. Per portare avanti il discorso occorre però spazzare il campo da eventuali fraintendimenti e da giochi di parole. L'avevo scritto nella precedente opinione: "Se io chiedo un prestito a qualcuno e lo ripago la coscienza mi dice che devo restituire quanto ricevuto nel suo pieno valore, come minimo", ed ancora: "il debito pubblico italiano non è onestamente sostenibile". Perché se qualcuno chiede un prestito ed intendesse restituire sempre e solo l'interesse dello stesso e non tutto il capitale, senza averlo prima convenuto, non si può dire che stia ripagando il debito, e se in tale situazione ci si trova prima ancora di chiederlo, e non lo si pattuisce prima, si tratta, come dicevo di truffa. Infatti stanno appositamente nascendo dei Titoli di Stato senza scadenza, in cui appunto si sa già a priori che il capitale non verrà restituito ma che si pagheranno, per sempre, solo gli interessi. L'acquirente del titolo di stato di questo tipo, se e quando vorrà rientrare in possesso del proprio capitale iniziale potrà farlo rivendendo l'obbligazione a qualcun altro nel cosiddetto mercato secondario.

Tutti gli altri titoli hanno una scadenza e qualsiasi deroga dalle condizioni contrattuali iniziali si considera sui mercati finanziari come default, fallimento, con le conseguenze legali che ne conseguono e che dipendono a loro volta dalle clausole contrattuali previste, comprese quelle che riguardano la giurisdizione sotto cui ricade la valutazione di fronte a Tribunali internazionali. Se fosse, come si sostiene, sufficiente ripagare la sola quota interessi per considerarsi solventi, sarebbero di fatto tutti Titoli senza scadenza. Perché allora lo Stato non emette solo titoli senza scadenza? Semplicemente perché i compratori chiederebbero interessi molto maggiori per far fronte a rischi prolungati. Anche il ritardato pagamento oltre un certo periodo di garanzia, chiamiamolo così "di frachigia" è considerato default: perché equivarrebbe ad un pagamento di interessi minori rispetto a quanto preventivato. E' il caso di spiegare che non tutti i default sono uguali. Esistono diverse "gravità" e spesso sono selettivi. Cioè non coinvolgono tutti i titoli emessi ma solo una parte di essi, ad esempio una singola emissione, o quelli in scadenza in un determinato arco di tempo.

Cosa implica un default per uno Stato? Dipende dalla gravità del default. Più questo è ampio, cioè coinvolge una parte più ampia del debito pubblico complessivo, più sono gravi le conseguenze. Di base si arriva sempre al fatto che per un certo periodo di tempo lo Stato non può più finanziarsi emettendo nuovi Titoli di Stato e che quando il mercato tornerà a fidarsi ed acquistare nuovamente nuove emissioni lo farà ad un prezzo inferiore, chiedendo cioè un maggior interesse (il prezzo di un titolo di Stato, o di un obbligazione in generale, è inversamente proporzionale all'interesse richiesto: più il creditore chiede un interesse alto e più è basso il prezzo dell'obbligazione). Spesso per un certo periodo di tempo si chiede anche di spostare al di fuori del paese coinvolto la giurisdizione legale. Ad esempio dopo l'ultimo default dell'Argentina il paese sudamericano per tornare a piazzare nuovamente i suoi titoli ha dovuto accettare di sottoporsi alla giurisdizione Usa. In caso di nuovo fallimento, che tra l'altro sembra prossimo ad arrivare, sarà un Tribunale americano a sentenziare al riguardo e si potranno chiedere sequestri di beni appartenenti all'Argentina fuori dai suoi confini nazionali. Nel caso di default selettivo della Grecia le conseguenze sono state più leggere, grazie al paracadute offerto dalla BCE (ovviamente non gratuito e ne sanno qualcosa i greci) e la Grecia è rimasta solo per poco tempo tagliata fuori dalla possibilità di collocare nuove emissioni, anche se sotto strettissima sorveglianza ed ancora con la copertura BCE.

Perchè quindi è tanto diffusa l'idea che per dichiarare sostenibile il debito pubblico di uno Stato sia sufficiente che questo paghi la quota interesse? Al di là dell'opportunismo dovuto alla situazione, in cui tutto serve tranne che generare panico nei mercati finanziari e quindi è comodo sostenere questa tesi, ciò deriva da due condizioni che vengono sempre considerate scontate, ma che così non è: che i tassi di interesse reali (cioè la differenza fra quelli nominali e l'inflazione) siano bassi o addirittura negativi e che il mercato sia "tranquillo e fiducioso" (perciò non lo si deve "spaventare") e pertanto tenderà non solo a rinnovare il debito in scadenza ma anzi sarà anche in grado di assorbire quello di nuova generazione dovuto al deficit.

Per il momento tutto ciò avviene per l'Italia solo grazie all'intervento della BCE ed il mercato valuta che questo intervento continuerà e si rinforzerà anche in futuro. Quindi la sostenibilità del debito pubblico italiano deriva non dall'economia italiana, ma è frutto dell'azione della Banca Centrale Europea. Proprio recentemente sui giornali ha fatto capolino la notizia che l'agenzia di rating Standard & Poor’s ha confermato il rating, cioè il voto, assegnato al debito pubblico italiano a BBB, che significa solo due gradini sopra la soglia di debito ad alto rischio default. Le altre due principali agenzie di rating, Moody’s e Fitch, hanno assegnato al debito italiano un rating ancora più basso: appena un gradino sopra al livello di rischio di default. La notizia è stata sbandierata come un successo, ed in parte lo è vista la preoccupazione che c'era nell'aria, perché Standard & Poor’s, non ha solo, come detto, confermato il suo giudizio, ma ha anche migliorato l'outlook, cioè le aspettative future, da negativo a neutrale. Cioè prima si aspettava che alla successiva valutazione ci sarebbe potuta esser un'ulteriore discesa, ed ora invece, per la prossima, confida che la situazione sebbene non migliorerà, per lo meno non peggiorerà.

Tutto bene quindi? Non proprio. Per due motivi. Innanzi tutto Standard & Poor’s scrive nel suo rapporto proprio che tale valutazione non dipende prioritariamente dalla situazione italiana per la quale vede un calo del PIL del 9% quest'anno seguita ad un parziale recupero del 6,4% l'anno successivo, ma all'interventismo sempre più forte della BCE. E secondo motivo, ancor più preoccupante, la valutazione era basata sulle informazioni di un mese fa, quando si dava quasi per scontato che la situazione Covid stesse evolvendo verso una, seppur lenta, soluzione e non si metteva in conto minimamente che ci potesse essere una seconda ondata ancor più violenta della prima e che mettesse nuovamente a rischio di un nuovo peggioramento, ne, tanto meno, addirittura di un nuovo lockdown.

(L'articolo sta diventando molto lungo e preferisco sospenderlo qui e riprenderlo in una futura seconda parte)



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3 comments
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Ehm però mi stai mettendo sullo stesso piano debito pubblico e privato. Non sono la stessa cosa, il primo può emettere moneta e dispone di asset di vario tipo, per dire in modo del tutto blasfemo, disponiamo del Colosseo. Come ho scritto nel mio Post, se restituiamo il debito, e ho anche scritto come si potrebbe fare in linea teorica, significa che l'euro va in default. Perché il debito degli stati membri è anche il contante che ci è stato assegnato, oltre al debito per oneri di sistema. Quindi è proprio la BCE che non prevede la restituzione del debito, non è una mia convinzione o quella di @ilnegro . Quello che fa (o cerca di fare) la BCE è controllare il debito, attraverso un meccanismo del 3% che però è del tutto empirico e per nulla scientifico. E per altro gli unici fessi che lo hanno rispettato siamo stati noi. La Francia è andata costantemente sopra, ed anzi ora ha un debito pubblico più alto del nostro.

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(Edited)

Quando un titolo arriva a scadenza viene emesso un nuovo titolo che andrà a coprire quello in scadenza, quindi, finché riesci a rifinanziare il debito, nel caso dell'Italia prevalentemente a tassi decrescenti e a durate crescenti, puoi tranquillamente ignorare il peso del capitale. Il default avviene quando nessuno vuole acquistare i tuoi titoli e ciò avviene quando non ci si fida che tu sia in grado di pagare gli interessi. Se, però, c'é un prestatore di ultima istanza, ad esempio lo stato stesso o la banca centrale di quello stato , come avviene in Giappone, in Usa, e, di fatto, anche in area euro ormai, tecnicamente é impossibile andare in default.

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